La defecografia rappresenta l'indagine radiologica più
accurata per l'identificazione dei disordini morfo-funzionali
dell'ampolla rettale, della via di efflusso anale e delle condizioni
in cui l’erniazione del cavo di Douglas contenente una ansa
intestinale si dispone a comprimere la parete rettale. |
Da alcuni Autori questa metodica viene chiamata
cinedefecografia o proctografia evacuativa; cistocolpografia o
perineografia nel caso in cui si opacizzi anche la vescica (per la
ricerca di cistocele) e la vagina (nel sospetto di prolasso
vaginale). |
L’esame documenta la morfologia ampollare e del canale anale,
i rapporti con il sacro-coccige ed il pube, obiettivando le
modificazioni che si verificano con valutazione statica (a riposo,
in massima contrazione volontaria dei muscoli pelvici, durante il
ponzamento) e dinamica (durante l'evacuazione). |
Poiché non indaga i riflessi colici in particolare quelli che
si verificano nel sigma si può affermare che la defecografia
documenta la fase volontaria di una evacuazione rettale. |
Trova indicazione in pazienti con stipsi ostinata e blocco
all'uscita, dischezia, incontinenza e nei controlli post-chirurgici
dei soggetti operati per patologia anorettale. |
La defecografia venne proposta originariamente da Wallden nel
1951 come lo studio radiologico dell'espulsione di mezzo di
contrasto radiopaco nei pazienti con tasca di Douglas abnormemente
profonda; nel 1964 Burhenne mise a punto una tecnica
cineradiografica sul meccanismo della defecazione. Con i lavori
fondamentali di P. Mahieu nel 1984 e di Ekberg nel 1985 l'indagine
è diventata una metodica standardizzata e diffusamente accettata. |
Durante l'esame il paziente è posizionato nella proiezione
laterale, perché le informazioni anatomiche fanno riferimento al
decorso dell’ampolla e del canale anale sul piano sagittale, e viene
invitato alla contrazione dei muscoli pelvici per la valutazione
statica, infine si registra la defecazione con spot-camera o con
sistema di registrazione digitale (è il nostro caso) direttamente
connesso all’intensificatore di brillanza. |
Questa tecnica detta videodefecografica consente una analisi
globale dell’intera dinamica espulsiva e una riduzione della dose di
esposizione al paziente. |
L’esame defecografico, semplice e indolore, necessita
unicamente di preparazione rettale con clistere di pulizia da
eseguire almeno tre ore prima della indagine. In questo modo si
riesce a standardizzare l’esame con una quantità fissa e nota di
contrasto e in particolare si evita che feci formate interferiscano
con la visualizzazione di condizioni ostruttive ad esempio nel
prolasso. |
Lo studio delle anse ileali per la ricerca di enterocele (elitrocele
degli Autori francesi) viene eseguito con assunzione di mezzo di
contrasto baritato per os nella misura di 200 cc. |
Alcuni centri radiologici non documentano direttamente
l’enterocele ma lo sospettano quando lo spazio retto vaginale si
amplia in maniera eccessiva. Riteniamo inadeguato questa indagine
perché gli enteroceli spesso sfuggono nella indagine clinica
(possono venire scambiati con rettoceli) , pertanto la dimostrazione
diretta diventa ancora più importante soprattutto nel caso in cui il
paziente debba essere sottoposto a trattamento chirurgico con
tecniche endocavitarie. |
Trascorsi 90 minuti dalla assunzione di bario per bocca
(periodo di tempo necessario per la visualizzione del tenue) si
procede a riempimento del serbatoio ampollare attraverso una siringa
con cono catetere utilizzando 150 ml di bario ad alta densità al
113% p/v, allo scopo di simulare una consistenza fecale. Il canale
anale viene opacizzato durante la retrazione della cannula. |
In passato si utilizzavano preparazioni con fecola di patate
e bario miscelate al momento ; la preparazione commerciale
direttamente utilizzabile è assai più accettata dal paziente e dallo
staff radiologico e permette il confronto tra Centri radiologici. |
Si utilizza un repere centimetrato per obiettivare le
misurazioni in quanto uno dei reperi fondamentali per la valutazione
dell’esame e cioè la linea pubo-coccigea che rappresenta il piano
inferiore orizzontale del pavimento pelvico, è dipendente dal
morfotipo del paziente e non è sempre possibile riconoscerla con
accuratezza. |
I radiogrammi vengono eseguiti nella proiezione
latero-laterale a paziente seduto, nella fase di contenzione (a
riposo, in contrazione muscolare e in ponzamento) e nella fase
dinamica durante l’evacuazione. |
L’indagine radiologica è realizzata con apparecchio
telecomandato ribaltabile, sulla cui pedana viene posta una sedia
dedicata con piano d’appoggio radiotrasparente in plexiglass e
camera pneumatica ripiena d’acqua come seduta; si utilizza un filtro
piombato collegato direttamente al tubo radiogeno che evita la
sovraesposizione dei tessuti molli pelvico-perineali rispetto ai
tessuti ossei del bacino e degli arti inferiori ad elevato
assorbimento. |
I reperi anatomici indispensabili nell’ interpretazione delle
immagini defecografiche si dividono in reperi fissi e reperi
funzionali.
I reperi fissi sono rappresentati da: |
- linea bi-ischiatica
È una linea immaginaria orizzontale, tangente il bordo
inferiore delle tuberosità ischiatiche. Viene usata come riferimento
rispetto alla giunzione anorettale; i valori vengono espressi in
centimetri con un numero preceduto dal segno + o – se la giunzione
si proietta al di sopra o al di sotto rispetto alla linea di
riferimento.
I valori medi sono:
+ 1.5 centimetri a riposo
+ 3.5 centimetri in contrazione;
- 3.5 centimetri durante lo sforzo.
Il corretto allineamento delle due tuberosità nella
proiezione laterale è essenziale per l’attendibilità delle
misurazioni . |
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- linea pubo-coccigea.
Riferimento basilare per stabilire indirettamente la
posizione del pavimento muscolare del piccolo bacino; tale linea
unisce il bordo inferiore della sinfisi pubica con l’estremo
inferiore del coccige. |

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Si considerano poi i reperi funzionali:
- angolo ano-rettale
È costituito dalla intersezione dell’asse longitudinale del
serbatoio ampollare tangente alla parete posteriore, con l’asse del
canale anale.
L’angolo rappresenta in maniera indiretta l’attività del
muscolo pubo-rettale, contratto in fase di riposo e rilasciato in
fase di evacuazione.
In condizioni di riposo, l’angolo varia tra 60° e 105°, con
un valore medio di 92°. |
Poiché in condizioni di riposo l’angolo ano-rettale
corrisponde all’estremo caudale del serbatoio ampollare, la distanza
che lo separa dalla linea pubococcigea è indicativa della posizione
spaziale del muscolo elevatore. Ne consegue che le modificazioni
spaziali fra la linea e la posizione dell’angolo, nelle situazioni
di sollecitazione funzionale (ponzamento o defecazione), forniscono
indicazione sull’abbassamento del pavimento pelvico.
A riposo il valore non deve essere inferiore a 8,5 centimetri
e
durante l’evacuazione non deve superare i 3,5 centimetri
rispetto alla posizione di riposo. |
- diametro ampolla rettale
È la distanza da parete anteriore a parete posteriore,
misurata nel punto massimo in proiezione laterale .
Il limite superiore viene indicato in 6.5 centimetri e
permette di individuare una condizione di alterata compliance
rettale. Il limite inferiore è 3 centimetri.
Al termine della defecazione in condizioni fisiologiche il
serbatoio ampollare risulta completamente vuoto. |
-calibro del canale anale
Il rilassamento del sistema sfinteriale, nelle sue componenti
liscia e striata, può essere indirettamente documentato dalla
trasformazione del canale da cavità virtuale a condotto reale,
radiologicamente testimoniato dal passaggio della barite dal
serbatoio ampollare.
La ridotta distensione delle pareti del canale anale durante
la defecazione, ha significato di non sufficiente rilassamento dei
sistemi sfinteriali.
Nelle situazioni di incontinenza, il canale anale appare
beante non solo durante la fase di evacuazione, ma anche durante
quella di riposo. |
- residuo
È la quantità di mezzo di contrasto che rimane nell’ampolla
dopo l’espulsione e viene riferita alla quantità globale introdotta
in termini di frazioni. Il valore medio normale è inferiore a 1/3.
Si parla di defecazione ostruita in presenza di una quantità
di pappa baritata residua superiore ad 1/3 di quella inserita,
nell’unità di tempo stabilita. |
- tempo di apertura.
È l’intervallo di tempo in secondi tra l’invito
dell’operatore e l’inizio dell’atto espulsivo la cui latenza media
non è superiore ai 3-5 secondi. |